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dai GIORNALI di OGGIDAI VELENI AI PROBLEMI DEL PAESE Un po’ di serietà (e piu’ politica) Se gli italiani avessero prestato attenzione a ciò che è accaduto in questi mesi nei Paesi con cui abbiamo maggiori affinità, avrebbero costatato che non ve n’è uno in cui esponenti della classe politica non siano stati coinvolti in scandali di varia natura: comportamenti licenziosi, fotografie compromettenti, bisticci con la stampa o con le autorità religiose, uso privato del pubblico denaro, menzogne sbugiardate. Scoppiano generalmente sulla prima pagina di un tabloid e durano sino a quando, nel giro di poche settimane, l’interessato dimostra di essere stato calunniato o è costretto a dimettersi… "Atto di barbarie, è allarme democrazia" D'Alema: dopo Boffo chi ha una notizia fastidiosa per il premier sa di rischiare ritorsioni 2009-09-05 |
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per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2009-09-05 DAI VELENI AI PROBLEMI DEL PAESE Un po’ di serietà (e piu’ politica) Se gli italiani avessero prestato attenzione a ciò che è accaduto in questi mesi nei Paesi con cui abbiamo maggiori affinità, avrebbero costatato che non ve n’è uno in cui esponenti della classe politica non siano stati coinvolti in scandali di varia natura: comportamenti licenziosi, fotografie compromettenti, bisticci con la stampa o con le autorità religiose, uso privato del pubblico denaro, menzogne sbugiardate. Scoppiano generalmente sulla prima pagina di un tabloid e durano sino a quando, nel giro di poche settimane, l’interessato dimostra di essere stato calunniato o è costretto a dimettersi. Da noi invece si è assistito a un crescendo inarrestabile di voci, di rivelazioni, di insinuazioni, di repliche e controrepliche. E non appena uno scandalo accennava ad assopirsi, ecco apparirne un altro, ancora più clamoroso del precedente.Conosciamo le ragioni di questa differenza. L’"interessato ", nel nostro caso, non è un ministro, un sottosegretario o un parlamentare. È il presidente del Consiglio. Il centrosinistra tenta di fare la sua parte ma è troppo occupato a curare le sue ferite. E il dibattito pubblico è polarizzato tra chi si è ridotto a fare opposizione guardando il premier dal buco della serratura e chi usa dossier e lettere anonime per screditare gli avversari. Come aveva promesso agli inizi della vicenda ("andrò in Parlamento"), Berlusconi avrebbe dovuto rispondere con iniziative e atti politici. Ma ha preferito cedere alla tentazione delle dichiarazioni estemporanee, ora ironiche, ora adirate. Non sono convinto che le querele lanciate contro alcuni giornali possano minacciare la libertà d’informazione. Credo piuttosto che il presidente del Consiglio, con le sue iniziative giudiziarie, abbia commesso l’errore di privatizzare il proprio rapporto con la stampa (anche le dichiarazioni fuori luogo di ieri lo dimostrano). Anziché reagire politicamente ha adottato il ruolo e la figura della "parte lesa", e ha delegato così a un magistrato (l’osservazione è di Michele Ainis su La Stampa del 3 settembre) il compito di decidere chi abbia torto e chi abbia ragione. Sappiamo che altri uomini politici prima di lui hanno commesso lo stesso errore, ma Berlusconi ha dato l’impressione che certe vicende si lavino con il denaro delle multe e degli indennizzi. Più di qualsiasi altro avrebbe dovuto sapere che le battaglie politiche si fanno in Parlamento e nel Paese, non nelle aule dei tribunali. Ha dimostrato invece che il pubblico e il privato, nel suo stile di governo, tendono continuamente a confondersi e a sovrapporsi. È un’altra conferma della leggerezza con cui ha sempre trattato in questi anni il fondamentale problema del suo conflitto d’interessi. Il risultato di questo crescendo è duplice. Da un lato gli scandali hanno finito per fare passare in seconda linea i problemi economici e sociali che affliggono la società italiana e la discussione sul modo migliore di affrontarli. Dall’altro hanno reso ancora più difficile quel tanto di concordia politica senza la quale il confronto tra maggioranza e opposizione diventa un combattimento senza vincitori da cui esce perdente l’intero Paese. Ma questo è davvero il momento in cui occorre un sussulto di saggezza e serietà da parte di tutti, anche nel rispetto di un valore costituzionale come la libertà di stampa, affinché la politica e i problemi del Paese ritrovino il loro spazio; valori cui il capo dello Stato si è più volte richiamato. Sergio Romano 05 settembre 2009
"Atto di barbarie, è allarme democrazia" D'Alema: dopo Boffo chi ha una notizia fastidiosa per il premier sa di rischiare ritorsioni Onorevole D'Alema, inevitabilmente la prima domanda è sul "caso Boffo". Anche lei è convinto che le dimissioni del direttore dell'"Avvenire" rappresentino un fatto grave? "È un caso che desta grande preoccupazione. Come desta preoccupazione il degrado impressionante della vita pubblica di cui il presidente del Consiglio è il principale responsabile". Secondo lei le frequentazioni femminili del presidente del Consiglio influiscono sul serio sulla politica del nostro Paese o lo dice solo per fare propaganda? "Essendo Berlusconi capo del governo è ovvio che la sua condotta ha una rilevanza politica soprattutto per il modo in cui egli ha reagito non spiegando i suoi comportamenti, non rispondendo a interrogativi legittimi, il che avrebbe probabilmente chiuso la questione. Al contrario, Berlusconi ha utilizzato il suo potere politico, mediatico e finanziario per perseguitare e colpire le voci critiche. Si è creata una situazione pesante e allarmante: l'episodio del direttore dell'Avvenire segna uno spartiacque: un qualsiasi giornalista che abbia una notizia imbarazzante o fastidiosa per il presidente del Consiglio sa che da oggi in poi, se la pubblica, è a rischio di pesanti ritorsioni. Al fondo di questa barbarie c'è l'anomalìa italiana". E che cosa mai sarebbe questa anomalìa italiana di cui lei parla, onorevole D'Alema? "I giornali nel mondo civile controllano il potere. Berlusconi, invece, utilizza gran parte dei mezzi di informazione per controllare quelli che dovrebbero controllare lui e il suo governo. Questo ormai è un serio problema di carattere democratico". C'è chi ricorda che anche lei, come altri esponenti del centrosinistra, aveva la querela facile e il dente avvelenato contro i giornalisti. Non sembrerebbe quindi un'esclusiva di Silvio Berlusconi. "Questo accostamento è insensato. Io non posseggo televisioni e giornali e quando sono diventato presidente del Consiglio ho rimesso tutte le querele". Ma non è che il Pd sta sopravalutando queste storie lasciando perdere tutti gli altri problemi del Paese? La crisi economica e quella sociale avanzano, e l'opposizione si occupa delle faccende private del presidente del Consiglio. "È sbagliato sottovalutare quel che sta accadendo e dire "occupiamoci dei problemi veri". Questo è un problema vero che aggrava tutti gli altri, perché, grazie al potere che il governo ha sull'informazione, si indeboliscono il controllo e lo stimolo e peggiora anche la qualità stessa dell'azione di governo". Onorevole D'Alema non le pare di esagerare? "Non credo. Pensi alla realtà della crisi economica e sociale: per un anno ci è stato raccontato che non c'era la crisi e quando ormai era impossibile negarla si è detto che c'era stata ma era finita. La verità è che noi siamo i più colpiti tra i Paesi industrializzati. E questo governo è l'unico, tra quelli dei Paesi più importanti, che non ha fatto nulla di significativo per fronteggiare la crisi. Si galleggia nella speranza che la ripresa internazionale prima o poi trainerà l'Italia. Ma si tratta di una pura illusione, se non si affrontano i problemi reali e non si fanno le riforme". In compenso, l'opposizione di centrosinistra appare più che appannata. "Certo, in questo momento si avverte l'assenza di una voce autorevole dell'opposizione. Son fiducioso che, alla fine di questa sofferta e lunghissima discussione interna al Pd, le cose cambieranno. Bersani è un leader autorevole, determinato a costruire un partito e un gruppo dirigente, dopo che si è pensato troppo a lungo che bastasse demolire ciò che c'era per costruire il nuovo". Insomma, onorevole D'Alema, lei vuole ristrutturare il Partito democratico e rimettere in piedi l'allegra comitiva dell'Unione. "La comitiva di undici sigle dell'Unione non c'è più. Ora c'è il Pd, che può diventare il perno di una nuova alleanza democratica tra alcuni partiti che si mettono insieme sulla base di un programma chiaro e che si vincolano a un codice di comportamento". Scusi ma pensa sul serio di riuscire a mettere insieme Rifondazione comunista e Udc? "Rifondazione non sembra avere interesse a una prospettiva di governo, ma a sinistra c'è chi vuole misurarsi con questa sfida. E poi all'opposizione ci sono Udc e Idv". L'Udc di Pier Ferdinando Casini, per la verità, potrebbe andare a destra... "Tra l'Udc e la destra è maturata una divergenza profonda che riguarda la concezione stessa della democrazia e che non mi pare facilmente ricomponibile. In più, oggi, vi è quell'aspra lacerazione tra Berlusconi e la sensibilità dei cattolici italiani. In ogni caso noi abbiamo già sperimentato delle convergenze con l'Udc alle amministrative e abbiamo constatato che il suo elettorato ha seguito l'indicazione politica dei gruppi dirigenti di quel partito, dunque non è vero che i nostri elettorati sono incompatibili". E per il Pd dovrebbe essere Bersani, una volta eletto segretario, a occuparsi della creazione di questo nuovo schieramento? "Bersani è un uomo di governo capace ed è sempre stato fuori dai conflitti personali all'interno del centrosinistra. Lui è di gran lunga la persona più adatta a guidarci in questa fase di ricostruzione del partito, dopo il periodo confuso che ha caratterizzato l'avvio del Pd". Ma con l'elezione di Pierluigi Bersani alla segreteria del Partito democratico non teme una scissione degli ex margheritini, che potrebbero non sentirsi rappresentati da un ex ds? "L'ipotesi della scissione non è mai stata seriamente in campo. Con Bersani nel partito ci sarà finalmente la pace". Onorevole D'Alema, un'ultima domanda: nella sua Puglia il Pd è nei guai con la giustizia, che impressione si è fatto di questa vicenda? "Ho sempre avuto rispetto della magistratura. Se vi sono stati illeciti è giusto che siano perseguiti. Finora non ho capito bene di cosa si tratti e ho l'impressione che vi sia una grande esagerazione. Almeno nei titoli di alcuni giornali". Maria Teresa Meli 05 settembre 2009
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it/2009-09-05 Confronto dopo lo sfogo sul Colle. Il premier: una tregua, basta veleni Il capo dello Stato preoccupato anche per i difficili rapporti a livelo europeo "Serve equilibrio e responsabilità" Napolitano frena il Cavaliere Il premier teme ancora manovre in autunno. E con lo stato maggiore di Forza Italia non ha escluso il ricorso ad elezioni politiche anticipate di FRANCESCO BEI "Serve equilibrio e responsabilità" Napolitano frena il Cavaliere Napolitano con Silvio Berlusconi ROMA - Alla fine, come forse era inevitabile, l'onda del caso Boffo, la crisi nei rapporti tra governo e Cei, si è andata a infrangere sul Quirinale. In quel salotto nello studio alla Vetrata, dove il capo dello Stato ha ricevuto ieri pomeriggio Berlusconi, insieme a Sandro Bondi e Gianni Letta, è stato proprio il Cavaliere a tirar fuori per primo l'argomento. Uno sfogo non sollecitato, come quello che la mattina l'aveva portato a prendersela con i giornali, che Giorgio Napolitano ha raccolto con preoccupazione, spendendosi più del solito per un "rasserenamento" del clima. "Presidente - ha esordito Berlusconi, febbricitante e sofferente per via di un mal di stomaco - sappi che in tutta questa storia di Boffo io non c'entro assolutamente nulla, i giornali hanno diffuso solo falsità. Feltri lo conosci anche tu. Semmai la prima vittima sono io". Ma ciò che sta più a cuore al premier è chiedere un aiuto, cercare una sponda istituzionale nel presidente della Repubblica. Come prima del G8 dell'Aquila, al culmine degli scandali sulla vita privata del premier, quando, in nome dell'Italia, Napolitano arrivò a invocare una "tregua" politica. "C'è in giro un clima per cui diventa impossibile lavorare, sarebbe utile un tuo intervento che faccia da argine a tutti questi veleni - ha chiesto a questo punto Berlusconi -, anche perché alla fine è il paese che ci va di mezzo, è l'immagine dell'Italia all'estero". Berlusconi se ne è reso conto nel suo recente viaggio a Danzica e ne è rimasto impressionato: persino durante le commemorazioni sull'invasione nazista della Polonia si è sentito chiedere conto delle serate a palazzo Grazioli da uno dei leader europei. Ma questa volta, da parte di Napolitano, più che comprensione c'è stato un invito implicito ad abbandonare la tattica di controguerriglia seguita finora da palazzo Chigi. Un invito alla "moderazione", al senso di "equilibrio" e di "responsabilità da parte di tutti". Il cruccio di Napolitano riguarda anche i rapporti con la Commissione europea, oggetto degli strali del Cavaliere a Danzica. Così, se il Presidente non ha fatto mistero di aver seguito con apprensione gli attacchi a Boffo, allo stesso modo ha valutato lo scontro tra Roma e Bruxelles un errore. E non è un caso allora se proprio ieri, da Stoccolma, Franco Frattini si sia affrettato a smentire gli intenti più bellicosi annunciati dal premier, quel voler paralizzare le istituzioni comunitarie con il veto se non cesseranno le critiche al governo italiano: "Siamo un paese responsabile", ha tagliato corto il ministro degli Esteri. Un'altra colomba, Gianni Letta, starebbe manifestando un crescente disagio per la strategia di attacchi a tutto spiano messa in atto da Berlusconi. In fondo le dimissioni di Boffo e la campagna del Giornale segnano anche la prima vera sconfitta della sua linea, volta interamente a ricucire la frattura con la Santa sede. Come dimostra anche la sua presenza domani a Viterbo accanto a Papa Ratzinger. È Letta una delle vittime del furore dei falchi che circondano il Cavaliere, che ieri ha provato a blandirlo in pubblico ancora una volta: "Non ho bisogno di Internet, io ho Gianni". L'altra grande questione che sta agitando l'inquilino di palazzo Chigi sono le elezioni regionali. Anche qui nella convinzione che solo una schiacciante vittoria metterà a tacere i critici e spazzerà il tavolo da tutti i "complotti" messi in campo per destituirlo. E se poi il clima si dovesse fare ancora più pesante, alcuni sussurrano che il premier avrebbe in mente di giocarsi l'arma finale, le dimissioni e il ricorso alle elezioni anticipate (nella certezza che un'altra maggioranza in Parlamento sarà impossibile da trovare) in concomitanza con le amministrative di marzo. Fantapolitica? Forse, ma nel pranzo di ieri a palazzo Grazioli, dove Berlusconi ha riunito Verdini, Cicchitto, Quagliariello, Bondi e Gianni Letta, il padrone di casa ha ripetuto: "In questa legislatura non ci saranno altri governi". Il cuore della partita, dunque, si gioca nella metà campo di Casini, decisivo in molte regioni. Ma nel lungo vertice a via del Plebiscito sarebbe stata affrontata anche la questione del testamento biologico e dell'atteggiamento da tenere per disinnescare le "trappole" del presidente della Camera nell'iter del ddl a Montecitorio. I partecipanti ovviamente smentiscono, giurano che si è trattato di una "riunione informale, del tutto occasionale", ma intanto dalle parti di An il vertice è stato visto sotto tutt'altra luce. "È stata una riunione incauta - è la reazione che si coglie tra gli uomini di Fini -, sembra quasi il tentativo di far rinascere Forza Italia. Un episodio che dà un segno involutivo al processo di costruzione del Pdl. Tra di noi c'è profondo malessere". (5 settembre 2009) |
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